Palazzo Bonaparte a Roma ospita dal 12 marzo al 3 luglio 2022 la prima grande mostra dedicata a JAGO
Classe 1987, Jago pseudonimo di Jacopo Cardillo nasce a Frosinone. Figlio dei tempi di oggi esprime a chiare lettere un’arte moderna, dirompente, assoluta. Il suo modo di comunicare abbraccia e sfrutta con intelligenza il modo di porsi di questo millennio, tanto da essere chiamato “The Social Artist”. Adorato da molti e criticato da altri è un sicuro talento in tutte le direzioni. Paragonabile in tal senso a una rockstar, trasmette l’amore per l’arte ai giovani e allo stesso tempo diventa veicolo per un messaggio, talvolta sgualcito ai giorni d’oggi: quello di credere in quello che si fa.
Senza fronzoli, armati solo del proprio vero desiderio e della propria passione. Umiltà, pazienza, studio e duro lavoro sono da sempre caratteristiche fondamentali per riuscire. Troppo spesso infatti questo mondo ci spinge al tutto e subito, calpestando i valori durevoli appena citati. Lasciando troppo spazio solo ad un’estetica destinata ad appassire nel giro di poco.
Parlare con Jago è come parlare con qualcuno che già si conosce. Scopri che nel suo guardarti fisso negli occhi c’è lo sforzo, non scontato, di ascoltare l’interlocutore che ha davanti come il mondo che lo circonda. Così i toni sono calmi e sostenuti da umiltà. Nelle sue opere invece c’è energia che si muove. Trascende l’immobilità stessa dei materiali con cui è composta e ti piomba addosso sollecitandoti a porti domande e cercare risposte. Vai via soddisfatto, appagato e con un senso di gratitudine. Questa è la prima mostra dell’artista che lo vedrà stabile a Palazzo Bonaparte dove continuerà a lavorare ad una nuova opera.
Jago afferma di sé: “mi considero un uomo e uno scultore del mio tempo. Utilizzo il marmo come materiale nobile legato alla tradizione ma tratto temi fondamentali dell’epoca in cui vivo. Il legame col mondo è fortissimo. Guardo a ciò che mi circonda, gli do forma e lo condivido”.
Visibili una serie di opere realizzate fino ad oggi, dai sassi di fiume scolpiti (da Memoria di Sé a Excalibur), fino alle sculture monumentali di più recente realizzazione (come Figlio Velato e Pietà), passando per creazioni meno recenti ma più direttamente mediatiche quali il ritratto di Papa Benedetto XVI (Habemus Hominem).
Così l’artista: “…La mia scultura è lingua viva. Utilizzare una lingua non significa copiarla. Mi riconosco in un linguaggio e lo adotto: sento l’esigenza di realizzare un collegamento con quello che vedo, senza spirito di emulazione. Sono me stesso”.
I tempi di oggi, spingono qualsiasi artista a non relazionarsi più solo con il suo talento e le sue capacità ma a colmare quello spazio, costruire quel ponte, dato dalla comunicazione e le sue regole che porta naturalmente le persone a conoscere quello che fai.
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