“Ogni lungo viaggio inizia da un primo passo” così recita un antico proverbio. I proverbi si sa hanno tanta saggezza e lungimiranza. Siamo andati a trovare proprio chi ha fatto oggi, il primo passo: la nuova e giovane Azienda Agricola Simone Pulcini e il suo vino sostenibile.
Lei è giovane come mai ha intrapreso questo percorso decisamente impegnativo?
“La passione per la produzione del vino viene da mio nonno, poi trasferita a mio padre che ha prodotto principalmente bottiglie per la famiglia. Io, sempre insieme alla mia famiglia, ho deciso di iniziare una produzione che rispetti la tradizione e vada verso l’acquisizione di sempre maggiori estimatori”.
Quali sono i punti fermi nella vostra produzione?
“Da sempre, sia per la mia esperienza in altre aziende, che per il mio percorso formativo come enologo, ho desiderato avvicinarmi alla naturalezza del vitigno che ho a disposizione. Non usiamo diserbanti, prodotti sistemici o insetticidi. Quindi l’intento è stato sempre quello di valorizzare il frutto del terreno il più possibile così com’è. Questo ci fa assumere maggiori rischi nella resa ma garantisce una qualità importante che si trova poi in ogni bottiglia. Un altro punto a cui tengo molto è la salvaguardia del territorio. I terreni che utilizziamo sono spesso recuperati da uno stato di abbandono e riportati “alla luce”.
Cosa troviamo sotto il tappo?
“Principalmente Malvasia e Trebbiano, è un Frascati Superiore DOCG. L’idea era quella di creare un vino responsabile che fosse sostenibile ed accessibile. La fermentazione è spontanea. Con i suoi 12,5% vol. ha un profumo fresco e aromatico, si lascia bere essendo morbido e gradevole”.
L’etichetta ha in sé diverse particolarità, ce le può raccontare?
“La prima raffigura la testa del mio cane, a cui sono molto legato. Il suo nome è Barolo ed ho creato anche una pagina Instagram dove, attraverso lui, scherzo parlando seriamente di vino. La scelta di vestirlo in modo così elegante è data dal fatto che è di una razza inglese. La seconda particolarità è il nome, frutto un po’ del territorio. Eravamo indecisi, avendo scelto diverse opzioni, poi sfogliando un vocabolario in romanesco abbiamo trovato questa esclamazione che ci è sembrata subito calzante. Infine la decisione, con la mia compagna, di inserire il codice Braille del nome sull’etichetta per i non vedenti. Anche in questo modo vogliamo parlare di accessibilità ed inclusione. In futuro inseriremo sul sito, che ora è in costruzione, anche le schede dei vini in formato audio per i non vedenti e in formato video con la lingua dei segni, LIS”.
Il Micagnente è la prima creatura, ce ne sarano altre?
“Certamente. Questo è l’inizio e stiamo costruendo tutto passo dopo passo. Successivamente vorremmo produrre anche un rosso Syrah o Merlot, sempre in questo territorio, con le stesse caratteristiche con cui siamo partiti: il rispetto dell’identità del vitigno”.