Terminerà il 28 gennaio 2024, la prima grande retrospettiva in Italia e, a oggi, la mostra più ampia mai dedicata al fotografo britannico Don McCullin
L’esposizione raccoglie in maniera esaustiva le diverse fasi del suo lavoro, sino alle fotografie più recenti nelle quali, in una sorprendete visione d’insieme, l’autore sintetizza le sue esperienze più radicali.
Il punto di vista di NM
Smarrimento e convinzione. Sono i percorsi emotivi della mostra di McCullan. Alcune volte ti trovi smarrito su di una strada dove non ricordi come ci sei arrivato; altre volte pensi di sapere, di aver capito e sei convinto di quello che ti passa per la testa.
In questo mondo, dove si comunica per immagini piene di contrasto e di definizione, si potrebbe pensare che il bianco e nero delle opere di McCullan, sia l’elemento chiave, che aiuta a far uscire tutta la forza che viene sprigionata. Invece l’immagine ti arriva addosso, con i volti, le scene, le suppellettili, le armi, gli stracci, le ferite, le mutilazioni, il sangue senza colore rosso e il nero del disagio, gli oggetti poveri e quelli comuni, gli urli e gli occhi smarriti.
L’impressione nelle immagini di McCullin è che la scena stia continuando ad andare avanti. Che continui a muoversi. L’autore riesce a trasportare all’interno della macchina fotografica molto di più dell’immagine che riprende. Vive quell’immagine e la soffre. E ce la sbatte in faccia in tutta la sua realtà.
I soggetti sembrano aver autorizzato, senza parlare, senza fare cenno, a rapire quel loro istante di vita per renderci testimoni, nel tempo, dei fatti, che hanno vissuto, del dolore che hanno provato.
La fotografia è ancora viva?
Questi scatti rispondono a tutti quelli che affermano che la fotografia sta morendo o forse lo è già, e ci fanno capire quanto ancora possa dare. Non è il movimento meccanico dello scatto, neanche il valore della macchina ultimo modello con le sue meravigliose caratteristiche, che servono certo, possono essere utili.
La fotografia è vita. Sguardo dopo sguardo. Emozione dopo emozione. Perché se un’immagine, nell’era dei video, del 4k, del perfezionismo, dell’AI riesce a tenerti lì, davanti, minuti e ad emozionarti fino ad appannarti la vista, allora c’è speranza. Lei vivrà continuerà a respirare per sempre, finché la componente umana, “l’human being” sarà presente.
A cura di
La mostra, è curata da Simon Baker, in stretta collaborazione con Don McCullin e Tim Jefferies e con l’assistenza di Catherine Fairweather, Jeanne Grouet, Lachlann Forbes. Promossa dall’ Assessorato alla Cultura di Roma Capitale e dall’Azienda Speciale Palaexpo, prodotta e organizzata dall’Azienda Speciale Palaexpo.
La mostra a Palazzo Esposizioni si riallaccia idealmente, ampliandola, all’antologica della Tate Britain curata da Simon Baker nel 2019. Oltre a ripercorrere i momenti più significativi del lavoro di McCullin, presenta la serie dedicata all’Impero romano, avviata negli anni Duemila, che lo stesso autore considera un punto di arrivo nel quale si sovrappongono, fondendosi, i temi cardine della sua fotografia: il ‘dolore’ delle immagini dell’Inghilterra ‘subalterna’ e quello delle guerre sparse nel mondo, e la ‘pace’ dei paesaggi del Somerset in cui McCullin si ‘rifugia’ per lenire la sofferenza delle sue esperienze di guerra.
Nell’attuale mostra ‘dolore’ e ‘pace’ convivono nell’indagine fotografica culturale, architettonica e storica sui resti dell’Impero romano nell’area del Mediterraneo meridionale. Esposte a Roma, queste fotografie offrono un nuovo focus sulla storia della Città, rileggendola, come accaduto in “Vita Dulcis” e in “Roma, a portrait” – le mostre che si sono da poco concluse a Palazzo Esposizioni – in relazione a tempi storici o a culture diverse.
Il percorso della mostra
Composta da oltre 250 fotografie, si sviluppa attraverso sei diverse sezioni, una per sala, ciascuna dedicata a uno dei seguenti gruppi di opere: Esordi, Guerra e Conflitti, Immagini documentarie del Regno Unito, Immagini documentarie all’estero, Paesaggi e Nature morte, L’Impero romano.
La retrospettiva è accompagnata dall’uscita di un nuovo libro, Don McCullin: Life, Death and Everything in Between, pubblicato da GOST Books, Londra.
Biografia
Don McCullin è nato nel 1935 a Finsbury Park, a Londra, ed è oggi riconosciuto come uno dei più grandi fotografi del mondo. McCullin ha iniziato la sua carriera con una reflex biottica Rolleicord negli anni Cinquanta a Londra, e le sue foto, che ritraevano con una certa crudezza amici ed eventi locali, come ad esempio quella di una famigerata gang del suo quartiere, hanno subito suscitato l’interesse dei direttori delle riviste per il suo innato talento, procurandogli un lavoro al The Observer.
Durante tutta la sua carriera, la sua passione di rappresentare l’ingiustizia e la povertà non è mai venuta meno, e si è tradotta in lunghe frequentazioni delle zone povere di Londra e del nord dell’Inghilterra, per le quali è stato riconosciuto come uno dei più importanti fotografi documentaristi britannici. Tra il 1966 e il 1984, McCullin ha lavorato principalmente per il The Sunday Times Magazine, all’epoca all’avanguardia del giornalismo critico e di inchiesta, che pubblicava ampi reportage riccamente illustrati.
Biografia: Le missioni
Tra le varie missioni di McCullin di questo periodo ci sono la guerra in Biafra, il Congo Belga, i cosiddetti troubles in Irlanda del Nord, il Bangladesh e la guerra civile del Libano. Tuttavia, le sue fotografie più apprezzate sono quelle che mettono in luce i terribili costi umani delle guerre in Vietnam e in Cambogia, da lui ampiamente documentate. Per riuscire a catturare queste immagini, allo stesso tempo intime e strazianti, McCullin è sempre stato disposto a correre rischi enormi.
È stato minacciato con un coltello a un posto di blocco musulmano di Beirut perché in possesso di un accredito stampa concessogli dai falangisti, accecato dai lacrimogeni durante una rivolta a Derry, nell’Irlanda del Nord, e ferito dai frammenti di una granata in Cambogia. Nei primi anni Ottanta, Harold Evans, leggendario direttore del Sunday Times, si dimise a causa di divergenze sull’indipendenza editoriale quando Rupert Murdoch assunse il controllo del giornale. Il sostituto di Evans, Andrew Neil, licenziò McCullin, il quale lamentava la mancanza, da parte del giornale, di una seria copertura degli eventi internazionali e sociali sotto la nuova direzione. Nonostante l’intenzione iniziale di abbandonare la fotografia di guerra per dedicarsi al paesaggio inglese, McCullin ha continuato a girare il mondo e a fotografare, visitando l’India, la Siria e molti paesi del continente africano, dove ha realizzato un importante lavoro documentario sulla crisi dell’AIDS.
Biografia: Il progetto sull’Impero Romano
Uno dei suoi viaggi più ambiziosi lo ha portato a esplorare le rovine ai confini meridionali dell’Impero romano. Questo progetto è durato diversi anni ed è documentato nel libro Southern Frontiers: A Journey Across the Roman Empire (2010). Attualmente vive con sua moglie Catherine nel Somerset. Da molti anni dedica tutto il tempo che trascorre a casa alla sua passione per il paesaggio britannico, celebrato nei suoi libri più recenti: fotografare quei paesaggi cupi e potenti allevia il peso delle sofferenze e delle tragedie di cui McCullin è stato testimone durante la sua carriera.
Immagine in copertina:
Don McCullin – Tormented homeless Irishman, Spitalfields, London, England | Un senzatetto irlandese dall’aria sofferente, Spitalfields, Londra, Inghilterra, 1970
Stampa ai sali d’argento | Gelatin silver print cm 74,3 x 59,4 © Don McCullin, Courtesy Hamiltons Gallery
Informazioni
Palazzo Esposizioni Roma Roma, via Nazionale, 194 – www.palazzoesposizioni.it
Facebook: @PalazzoEsposizioni | Instagram: @palazzoesposizioni | Twitter: @Esposizioni
Orari
Dal martedì alla domenica dalle 10.00 alle 20.00, lunedì chiuso. L’ingresso è consentito fino a un’ora prima della chiusura
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